Tzidkiyà Min ha-Anawìm (Mansi, Delli Mansi, Almansi, Anav, Piattelli)
Rabbì Tzidkiyà Min ha-Anawìm, conosciuto come l’autore del libro “Shibbolè Ha-Léqet”, visse a Roma nel tredicesimo secolo. Era membro della notissima famiglia Min ha-Anawìm (Mansi, Delli Mansi, Almansi, Anav, Piattelli) che dalla deportazione ad opera di Tito ha fornito e fornisce Rabbini eccellenti. Fu allievo prediletto di suo cugino Rabbì Yehudà Min ha-Anawìm, ma anche viaggiò a lungo per studiare Torà dai maggiori Maestri dell’epoca: fu infatti presso Rabbì Ya‘aqòv da Würzburg e presso Rabbì Avigdòr Katz di Vienna; con il Ma.Ha.Ra.M. di Rottenburg fu in corrispondenza epr alcuni quesiti ai quali questi rispose con toni di grande rispetto.
Il suo libro “Shibbolè Ha-Léqet” è una raccolta di regole suddivise nella prima parte (integralmente pubblicata a stampa) in dodici “filari” e trecentosettantadue “spighe” (dalle quali il titolo), mentre la seconda parte – solo parzialmente stampata, mentre il resto è ancora manoscritto – è in 172 capitoli. Le sue fonti sono i Gheonìm, Rashì, Rabbénu Tam, le Tosafòt, Rabbénu Ghereshòm di Magonza, l’Alfassi, il R.Y.M., ed altri Maestri tedeschi, italiani, francesi e spagnoli. La sua grande competenza e dimestichezza con la letteratura talmudica ed halakhica ha fatto sì che venga abbondantemente citato dallo Shulchàn ‘Arùkh; inoltre è una fonte primaria di informazioni sul Minhàg italiano e sulla linea halakhica dei Maestri italiani. Vi è riportata anche qualche indicazione storica: ad esempio, riferisce di aver avuto notizia del rogo del Talmùd a Parigi (1244).
Esistono due sunti dello “Shibbolè Ha-Léqet”: lo “Shibbolè Ha-Léqet Ha-Katzàr” (Venezia 1546) ed il “Tanyà’ Rabbathì” (Mantova 1514); quest’ultimo è stato probabilmente compilato da un parente dell’autore.
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