Rabbini

22 Kislev 5785

Moshè bar Ytzhàk Rieti

Rabbì Moshè bar Ytzhàk Rieti, nasce a Rieti nel 1388.

Medico e poesia insigne, rimase orfano in tenera età vagò in molte città italiane; nel 1436 lo troviamo a Perugia e poi a Narni dove fondò una scuola ebraica.

Dopo il pontificato di Eugenio II Rabbì Moshè si trasferisce a Roma dove fu chiamato come guida spirituale della Comunità. Il Pontefice Pio II gli concesse perfino il permesso di esercitare la medicina e di visitare anche i malati non ebrei.

A Roma Rabbì Moshè ebbe a sostenere molte dispute, in tema di religione, con un teologo non ebreo, ma facilmente identificabile, per quanto gli studiosi credano trattarsi di un certo Roberto da Lecce o Florentino Granozzi Manetti.

Rabbì Moshè scrisse un libro sulla filosofia e la letteratura ebraica, in 1342 terzine, ad imitazione della Divina Commedia, che porta il titolo “Mikdash Me’at” (il piccolo Santuario) conosciuto anche come “Machberet Rieti” (la composizione di Rieti). Il libro è diviso in due parti: sulle discipline dello scibile ed il vantaggio, che da esso si ritrae e la seconda “Mikdash” (il Santuario) o Hechàl, di 906 terzine, nella quale egli fa un’accurata descrizione di tutte le personalità del mondo ebraico, fin dalle lontane epoche, corredandola di un breve commento ed alcune osservazioni e note, che portano per nome Devir, divisa in otto capitoli Shearim o Maamarim.

È evidente (scrive lo Schulwass in Ha Yehudim be tkufat ha Renessans NY 1946 pag 206) che il grande poeta ebreo ha voluto creare un’opera che possa stare degnamente a confronto con la terza Cantica della Divina Commedia, per quanto il nostro autore, al pari di Rabbì Immanuèl Romano, ammetta nel Paradiso tutte le persone che si sono comportate rettamente ed onestamente, senza distinzione alcuna di religione, per le quali si può affermare che esiste senz’altro la “buona parte nel mondo futuro”; idea dunque più universale del grande poeta italiano.

Il “Mikdash Me’at” vide la luce, per la prima volta, a Vienna nel 1851, per merito di Yaàkov Goldenthal.  Rabbì Moshè per questa sua opera fu- ben giustamente – definito da Rabbì Itzhak Shemuèl Reggio in “Bikkurè ha-Ittìm” il “Dante ebraico.”

Rabbì Moshè Rieti muore probabilmente a Roma dopo il 1460.

(bibliografia N. Pavoncello – Letteratura Ebraica in Italia 1963)

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