Davìd Pardo
Rav Davìd Pardo, nacque a Venezia intorno al 1710 e morì a Gerusalemme nel 1792. A Venezia studiò Torah presso Rav Menachem Belilos e Rav Shelomò Zalman di Lwow. Rimasto orfano in tenera età, fu accolto in casa dal mecenate Mosè Tedeschi, che ne favorì l’educazione.
Intorno al 1740 fu nominato Rabbino di Spalato, dove fondò un Bet Midràsh e scrisse alcuni dei suoi libri. Nel 1752 tornò a Venezia per farvi pubblicare il suo commento alla Mishnà. Per un breve periodo, però, si fermò a Corfù. Nel 1765 lasciò definitivamente Spalato, dove prese il suo posto il suo allievo Shabbethày Ventura, e si recò in Bosnia, dove rimase fino al 1780, quando decise di andare a vivere in Terra d’Israele. A Gerusalemme fu nominato capo della Yeshivà “Chésed le-Avrahàm u-Vinyàn Shelomò”, carica che tenne fino alla morte.
Fu esperto in tutte le scienze ebraiche, comprese Kabbalà e poesia, liturgica e secolare. Ricercò e difese sempre la verità, anche quando sfidò Rabbì Chayìm Ben Attar, che aveva vietato a chiunque di criticare il suo libro “Perì Tò’ar”, e ne scrisse glosse critiche. Fu in contrapposizione anche nei confronti di Rabbì Davìd Corinaldi per il suo commento alla Mishnà. Tuttavia, quando seppe che il Corinaldi se ne era avuto a male, gli porse le sue scuse, dicendo che non intendeva minimamente sminuire il valore del Rabbino, bensì risolvere alcuni problemi che la sua opera aveva lasciato aperti.
Il suo primo libro fu il “Shoshannìm le-Davìd (1)” (2) , un commento alla Mishnà in due volumi, pubblicato a Venezia nel 1752. Pubblicò poi il “Chasdè Davìd (1)” (2) (3), un commento di grande importanza alla Toseftà’: fu infatti il primo ad occuparsi degli errori di redazione delle precedenti edizioni della Toseftà’, basandosi sui più antichi manoscritti (Livorno 1776 – 1780; Gerusalemme 1780). “Sifrè de-vè Rav” è un commento al Midràsh Sifrè (Salonicco 1799). Pubblicò poi “Maskìl le-Davìd”, un commento sulle spiegazioni di Rashì alla Torà (Venezia 1761), “La-mnatzéach le-Davìd”, una raccolta di studi sulla Ghemarà’ (Salonicco 1765), “Mikhtàv le-Davìd”, una raccolta di responsi (Salonicco 1772), “Mizmòr le-Davìd”, un commento sullo Yorè De‘à (Livorno 1818).
Pubblicò anche numerosi libri e testi poetici ispirati alla Kabbalà; alcuni di essi erano recitati nella sua Comunità. In alcuni posti si recitano ancora, durante la festa di Shavu‘òth, le sue “Kethubbòt”, contratti nuziali in forma poetica fra Dio e Israele.
Altri testi da Lui pubblicati:
“Shefat Ravivim” (stampato a Livorno nel 1793)
“Shulchàn Tahòr” (stampato nel 1790)
“Mati ve lo mati” (stampato a Gerusalemme)
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