Leone Sommo
Leone Sommo, nacque a Mantova intorno al 1525. Fu allievo di Rabbì David Provenzali. Da giovane si dedicò all’insegnamento ed alla copiatura di manoscritti ebraici. Oltre alla sua conoscenza delle scienze ebraiche, conquistò conoscenza e fama nella letteratura italiana, specialmente in drammaturgia. Era uno di quegli Ebrei che ai suoi tempi dovevano esibirsi come attori alla corte dei duchi. Il suo protettore, Cesare Gonzaga, fondatore dell’Accademia degl’Invaghiti, lo avrebbe voluto come membro dell’accademia, ma il presidente dell’accademia fece notare che non era opportuno che un Ebreo potesse diventare Cavaliere (anche se c’erano precedenti in questo senso) e lo fece nominare “scrittore dell’Accademia”, compito che gli imponeva di produrre copioni ed opere poetiche per l’Accademia stessa.
In questa posizione, di grande favore presso la famiglia ducale, ebbe occasione di intercedere frequentemente a favore dei suoi confratelli ebrei. Fu amico di Rabbì ‘Azaryà De Rossi, e si diede da fare per facilitare la stampa del suo “Me’òr ‘Enàyim”. Viaggiò frequentemente in Piemonte, in Spagna ed in Portogallo. Morì a Mantova nel 1592.
In italiano scrisse uno studio sulla regia (“Dialoghi in merito agli spettacoli sul palcoscenico”), che è una pietra miliare sull’argomento, alcune commedie, drammi pastorali, intermezzi, poesie varie (fra le quali la traduzione poetica di alcuni Salmi). La maggior parte di queste opere, però, andò persa col rogo della biblioteca dell’Università di Torino nel 1904.
In ebraico scrisse: “Tzachùt Bedichuthà’ de-Qiddushìn” (“La Commedia del Matrimonio”), nello stile della commedia italiana dell’epoca; “Mar’òt Ha-Tzove’òt”, un saggio sull’arte della scrittura, ed un’opera poetica a versi alterni, ebraici ed italiani, intitolata “Maghèn Nashìm”, ad elogio delle donne.
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